venerdì 21 maggio 2010

IL CASO MORO



Aldo Moro è stato un politico italiano, cinque volte presidente del Consiglio e del partito della Democrazia Cristiana (Dc). Nasce a Maglie, a Lecce, nel 1916 e dopo aver studiato Giurisprudenza si laurea e si impegna insieme a Giulio Andreotti nella Federazione Universitaria Cattolica Italiana, di cui sarà presidente dal 1938 al 1941. Il 16 Marzo 1978, l'auto che lo stava trasportando al Parlamento per la presentazione del nuovo governo, fu intercettata in Via Fani a Roma da un commando delle Brigate Rosse. Dopo aver usato una tecnica precisa, "a cancelletto", per incastrare l'auto di Moro e quella della sua scorta, le Brigate Rosse sparano a due carabinieri e tre poliziotti e sequestrano il presidente, costringendolo ad entrare in una Fiat 132, nonostante continui a gridare "Mi lascino andare! Cosa vogliono da me?". Quello a cui miravano le Brigate Rosse era attaccare la Dc e rapendo Moro stavano colpendo l'artefice della solidarietà nazionale e dell'avvicinamento tra Dc e PCI, che si concretizzò poi nel Governo Andreotti. Pochi mesi prima infatti l'intento sembrava essere quello di rapire il presidente del Consiglio Giulio Andreotti, tentativo a cui i brigatisti rinunciarono poichè era un bersaglio troppo complicato da raggiungere. L'importante per loro era colpire IL simbolo del potere. Aldo Moro rimase prigioniero delle Brigate Rosse per ben 55 giorni e, sembrerebbe, mai nello stesso luogo. Dapprima si parlò infatti di un appartamento in Via Gradoli usato dai brigatisti Mario Moretti e Barbara Balzerami, spesso lasciato incustodito e troppo piccolo per contenere una prigio, ne; poi le testimonianze dei brigatisti porteranno il luogo della prigionia di Moro in Via Montalcini 8, sempre a Roma e da alcuni anni proprietà delle Brigate Rosse. In tutti quei giorni di prigionia Moro scrisse ben 86 lettere, poi raccolte in un pamphlet, "Lettere dal Patibolo". Le lettere erano destinate ai partiti politici, al presidente della Repubblica, del Consiglio e alcune alla stessa famiglia di Moro. In queste lettere Moro rivendicherà ciò che aveva già affermato al Congresso Dc, ossia che "la ragione di Stato non deve prevalere sulla ragione dell'uomo", anche se a succedere fu il contrario. I compagni di partito e i vecchi amici di Moro sostenevano che a scrivere quelle lettere non era l'uomo che conoscevano e che fosse manipolato e succube delle Brigate Rosse e delle loro "dettature". Moro viene privato della libertà di parola e considerato un traditore virtuale, accusando lo Stato di non saper difendere i suoi leader. Si pensa addirittura che in alcune delle lettere inviate da Moro alla famiglia abbia inserito dei messaggi criptici sul luogo della sua prigionia. Nei giorni del sequestro le Brigate Rosse proclamarono 9 comunicati, quasi illegibili, e con i quali volevano spiegare le motivazioni del rapimento del presidente. Inoltre le Brigate Rosse proposero uno scambio : il rilascio di Moro e la liberazione di uno dei brigatisti in carcere. La politica si stava intanto dividendo in due : il fronte della fermezza, che rifiutava la trattativa e secondo cui rilasciare un brigatista significava la resa da parte dello Stato; e il fronte possibilista, di cui facevano parte Bettino Craxi e il Partito Socialista, e che era disposto a un qualunque avvicinamento convinto che non avrebbe riportato conseguenze sulla dignità dello Stato. Ovviamente prevalse il fronte della fermezza, nonostante anche Papa Paolo VI supplicò "in ginocchio" i brigatisti di rilasciare Moro. Dal nono comunicato delle Brigate Rosse, si evince chiaramente che il destino di Moro è segnato : "Per quanto riguarda la nostra proposta di uno scambio di prigionieri politici perchè venisse sospesa la condanna e Aldo Moro venisse rilasciato, dobbiamo soltanto registrare il chiaro rifiuto della Dc. Concludiamo quindi la battaglia iniziata il 16 Marzo, eseguendo la sentenza a cui Aldo Moro è stato condannato". Il 9 Maggio 1978 alle 12.30 una telefonata all'assistente di Moro, il professor Francesco Tritto, annunciò alla famiglia dove potevano ritrovare il cadavere di Moro, e una telefonata alla Questura da parte del brigatista Valerio Morucci avvisò che ".. in Via Caetani c'è una Renault 4 rossa, targata N56786 con il corpo di Moro" [Telefonata]. E fu proprio in Via Caetani, a una emblematica distanza fra Piazza del Gesù, sede della Dc, e Via delle Botteghe Oscure, sede del PCI,che il cadavere di Aldo Moro venne ritrovato. Aldo Moro fu ucciso con l'inganno, convinto di dover essere trasferito in un altro covo e poi liberato, fu costretto a salire nel cofano della Renault, che si trovava nel garage del covo di Via Montalcini 8, e ucciso per mano di Mario Moretti. Subito dopo l'auto fu portata in Via Caetani, luogo del ritrovamento, dove poco dopo si riunirono tutti i politici e i familiari di Moro.







_Mummy_




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